Con massaie, soldati di leva e studenti alla scoperta della Russia profonda
È il racconto di quattro settimane di viaggio lungo uno dei percorsi più carichi di storia e di memoria: quello della ferrovia Transiberiana. Paolo Vettori l’ha raccolto nel suo ultimo libro fresco di stampa, pubblicato dalle Edizioni Helicon, che viene presentato questa sera alle 18.15 a Brescia al 39Vantini Oldstyle di via Vantini 39 su iniziativa dell’associazione Libertà@Progresso.
Dopo l’introduzione del presidente Angelo Piovanelli l’autore dialogherà con Piergiorgio Chiarini di BresciaOggi. Vettori, che fino al 2013 è stato dirigente del Ministero del Lavoro, non è nuovo ai racconti di viaggio dedicati alla riscoperta di mete e itinerari dimenticati nell’Europa dell’est e nelle aree sconfinate dell’ex impero sovietico.
Nello scorso maggio ha fatto il percorso da Mosca a Vladivostok. Per lui è stato «il coronamento di un sogno giovanile rimasto per decenni nel cassetto».
Ma al tempo stesso è stato un viaggio dentro la storia del Novecento e, in particolare, di alcune delle sue pagine più drammatiche.
Lungo questo tracciato di quasi 9.300 chilometri, che ne fanno la linea ferroviaria più lunga del mondo, sono passate le deportazioni di massa dell’epoca staliniana negli anni Trenta. Una memoria che è riemersa nei numerosi incontri che Vettori ha avuto mentre procedeva nel suo itinerario in treno rigorosamente in terza classe.
E in vagoni aperti che hanno facilitato la full immersion nell’ambiente locale a contatto con pensionati e studenti, con massaie e soldati di leva in trasferta. Dal passato al presente il libro riesce così a offrire anche uno spaccato di grande interesse sulla Russia di oggi e soprattutto sulle lontane province al di là degli Urali.
L’autore in proposito parla di «uno Stato-Continente con solide radici europee ma sempre più chiaramente proiettato verso le dinamiche economie asiatiche del Pacifico». La lettura di «Transiberiana2018» diventa così un’occasione per andare oltre gli stereotipi turistici che spesso non vanno al di là di Mosca e San Pietroburgo.
NELL’INTRODUZIONE
Andrea Pellegrini definisce il racconto di Vettori «un gigantesco dramma corale» che emerge pagina dopo pagina attraverso i colloqui con i suoi interlocutori accidentali. L’autore è stato aiutato in questo dalla conoscenza della lingua russa acquisita e perfezionata negli ultimi anni. Ed è proprio la sorpresa di questi incontri vissuti in diretta, senza mediazioni, a dare al racconto quel di più che lo trasforma in un reportage originale carico di volti e di un’umanità genuina.